I capelli lunghi fanno bene a Carey Mulligan, che si toglie quell’atteggiamento da so-tutto-io di Wall Street #2, Il grande Gatsby e film intorno al 2010, per interpretare ruoli ancora simil-sbarazzini ma molto più profondi.
L’esordio alla regia di Emerald Fennell, regista e sceneggiatrice britannica, è promettente tanto quanto il titolo del film, che parte da un’idea che poteva sembrare ruffiana perché purtroppo molto attuale – il revenge porn e i suicidi – ma mai realmente affrontata come tema centrale di un film.
La storia, cinicamente ironica e a tratti tarantiniana – una struttura à La sposa in nero e à la Kill Bill – dà vita a un film disturbante, più nel male che nel bene, soprattutto negli ultimi dieci minuti, che si dimenticheranno a fatica.